Divorzio all’italiana
di Flavia Sagnelli e Tommaso Rigamonti
Ricorre oggi l’anniversario della Legge sul divorzio
Una legge nata in un clima tutt’altro che sereno, al centro di fortissimi contrasti e fortemente voluta dalla parte liberale, radicale e socialdemocratica della politica e della società che rivendicavano la libertà di sciogliere un legame che non funzionava più o dentro il quale le donne rimanevano intrappolate.
Dopo l’approvazione della Legge del 1970, venne richiesta l’indizione di un Referendum per decidere se abrogarla o meno. Nacque un vero e proprio movimento divorzista, una battaglia politica tra nomi come Pannella, Fanfani, Berlinguer ed Almirante.
Contemporaneamente nascevano i primi gruppi femministi per cui la legge sul divorzio divenne un obiettivo da raggiungere. Infatti, il matrimonio fino a quel momento per molte donne significava una prigione: senza autonomia, senza libertà e molto spesso dovendo subire tradimenti, vessazioni o violenza. Basti pensare che, secondo il Codice Civile allora vigente, era previsto il matrimonio riparatore in caso di stupro: un uomo che avesse preso con violenza una donna poteva evitare il carcere se avesse deciso di sposarla. Un inno alla subordinazione femminile, per cui la morale era più importante della persona.
Il divorzio si pone quindi come una prima rottura con il passato e un passo in avanti verso l’autodeterminazione femminile.
Il 12 Maggio 1974, dopo mesi di campagne di sensibilizzazione da una parte e dell’altra delle parti in gioco che hanno visto il coinvolgimento e gli appelli anche di personaggi noti dello spettacolo, si votò.
E la Legge sul divorzio non venne abrogata.
L’Italia era cambiata. E stava cambiando, perché successivamente arrivò la Legge sull’aborto.
Dal 1970 molte cose sono cambiate: dalla durata del tempo che deve trascorrere tra separazione e divorzio, all’affidamento dei figli, alla colpa ecc.: è una legge necessariamente destinata ad essere modificata per rimanere al passo con i tempi. Ed è una legge assolutamente imperfetta, perché tratta i rapporti umani ed i sentimenti.
Oggetto di lite continua nei Tribunali italiani è l’assegno divorzile, ossia il versamento periodico che uno dei due coniugi deve versare all’altro quando questi non sia economicamente autosufficiente. Senza scendere troppo nei particolari di questo istituto, diciamo che la natura dell’assegno divorzile sia assistenziale, ma anche compensativa. Ciò significa che la determinazione dell’assegno sia operata in base sì all’adeguatezza dei mezzi e delle possibilità del coniuge economicamente più debole, ma tenendo anche conto in maniera perentoria del contributo che questi ha dato alla famiglia e prestato alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge: in altri termini, si dà un valore al sacrificio di una carriera personale a fronte di un impegno familiare che ha avuto come effetto quello di consentire all’altro di lavorare e creare un proprio patrimonio più consistente.
Dunque, il coniuge che non sia economicamente autosufficiente ha diritto all’assegno in base al criterio assistenziale, mentre il coniuge che sia economicamente autosufficiente, ma più debole, avrà comunque diritto all’assegno in base al criterio «contributivo-compensativo», per cui si deve tenere conto di quanto appena detto. In questo modo si evita che lo scioglimento del matrimonio determini un arricchimento ingiustificato proprio a favore del coniuge economicamente più forte e a danno dell’altro. Così si esprimeva la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza 18287/2018.
A distanza di 50 anni dalla promulgazione della Legge sul divorzio e di due anni dalla pronuncia a Sezioni Unite sopra riportata, La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di assegno divorzile, stabilendo che questi debba essere rimodulato o addirittura revocato se il coniuge beneficiario abbia una relazione sentimentale stabile, indipendentemente dal fatto che sia in atto la convivenza con il nuovo partner.
Con tale pronuncia rivoluzionaria la suprema Corte ha infatti accolto il ricorso di un uomo che chiedeva di non pagare più il mantenimento alla ex moglie, in quanto la donna, pur non condividendo stabilmente l’abitazione con il nuovo compagno, aveva ormai una relazione stabile. L’ex marito sosteneva che di fatto vivessero insieme, nonostante nessuno dei due avesse cambiato il proprio domicilio. I supremi giudici hanno dato ragione all’uomo, cassando la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che aveva, invece, stabilito il pagamento di un assegno di 400 euro mensili e respinto la richiesta per la revoca dell’assegnazione della casa coniugale.”.
La legge sul divorzio prevede che si decada dal diritto all’assegno in casi espressamente elencati. E’ormai principio consolidato che in caso di stabile nuova convivenza venga meno l’obbligo di versamento dell’assegno.
Ma la pronuncia sopra citata, Cass. Civ., Sez. VI – 1, Ord., 16 ottobre 2020, n. 22604, per cui è stato deciso per l’annullamento della sentenza di merito con conseguente revoca dell’assegno divorzile perché “il giudice di merito non aveva fornito adeguata motivazione in relazione ai requisiti di stabilità e continuità della nuova relazione affettiva”, solleva un problema o meglio la necessità di fine di tutelare quelle donne e mamme che hanno dedicato la propria vita alla famiglia, sacrificando le proprie aspirazioni personali, trovandosi, poi, costrette a sopravvivere con il mantenimento dell’ex marito. Per tutte queste donne sarà necessario ed assolutamente indispensabile in futuro trovare un discrimine certa che stabilisca che tipo di relazione sentimentale valga la rimodulazione dell’assegno e secondo quali principi, e quando no.
In alternativa, si rischia di rimettere la questione in mano i singoli giudici di merito, i quali non potranno che trovare ognuno una propria impostazione, che si tradurrà inevitabilmente in una pluralità di indirizzi difformi l’un l’altro, e che andranno sempre e comunque, per forza di cose, a danno della parte economicamente svantaggiata e che ha meno strumenti di investigazione per provare circostanze molto labili in giudizio.
Dunque, come possiamo ben vedere e come abbiamo detto, quella sul divorzio è una legge destinata a modificarsi nel tempo. Ha una data di nascita: il 1 dicembre 1970, ma si evolve e continuerà a farlo.
Quello che auspichiamo è che tante e tali modifiche non vadano comunque a danneggiare la parte più debole che, ancora, spesso, è quella femminile.